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In sede di presentazione della sua nuova esperienza sulla panchina granata, momento che è diventato anche una sorta di anticipata vigilia del primo cimento agonistico in programma all’Arechi, il tecnico Menichini si era augurato di vedere una squadra mentalmente centrata sulla partita, vogliosa di impedire all’avversario di portare eccessivi pericoli nella propria metà campo e, soprattutto, un gruppo sempre pronto a ripartire e ad attaccare con coraggio e convinzione una volta riconquistata palla.Un progetto speranzoso che, considerando il valore tecnico del Pescara (reduce da sette vittorie consecutive) e la precarietà tattica e psicologica esibita dai calciatori granata al ”Picco” di La Spezia, sembrava più un tentativo poco convinto di voler trasmettere coraggio alla sua truppa che non una una reale consapevolezza sulla possibilità di riuscire a compiere sul campo la strategia pianificata nelle poche sedute di allenamento avute a disposizione. Ed invece il terreno di gioco ha mostrato una Salernitana molto vicina a quell’idea di match e di squadra concepita nei giorni che hanno peceduto la sfida ai lanciatissimi abruzzesi di mister Oddo. Il team granata visto all’opera ieri, infatti, nonostante diversi errori individuali che hanno impedito di portare a casa l’intera posta in palio, ha colpito soprattutto per il desiderio di accontentare il suo allenatore sul piano della ricerca costante di quel pragmatismo tattico, intriso di volontà, spirito di sacrificio e tenacia, volto a contendere ogni singolo centimetro di campo ai rivali. Pestrin e compagni hanno sofferto e fatto soffrire, attaccato con determinazione e resistito con orgoglio quando il Pescara portava la sua qualità tecnica nei pressi dei sedici metri granata. Ma il tutto è avvenuto adottando una condotta maschia e concreta, dal primo minuto di gioco fino alla fine del recupero. In attacco, infatti, hanno viaggiato a braccetto fisicità e movimento, con una proposta offensiva che, depurata da inutili velleitarismi tecnici individuali, badava a creare continuamente le condizioni per portare messaggi bellicosi alla porta difesa da Fiorillo. Un progetto essenziale, privo di svolazzi e leziosismi, caratterizzato da prestanza fisica e determinazione nell’aggredire le porzioni di campo scoperte; un piano che ha sorpreso, ed a tratti stordito, un Pescara convinto forse di giungere a Salerno per giocare nella metà campo dei padroni di casa senza soluzione di continuità.Nulla di particolarmente trascendentale dal punto di vista dell’estetica calcistica, intendiamoci, ma la manovra offensiva granata ha colpito per quella sostanza, marchiata di semplicità e grinta, finalizzata a cercare il varco, lo spiraglio e l’accelerazione giusta per castigare il portiere ospite.Ed il medesimo atteggiamento caparbio e combattivo si è registrato per lunghi tratti anche in fase difensiva, così come è apparso palese il desiderio di non disunirsi e sfilacciarsi tatticamente, anche nei momenti in cui gli abruzzesi provavano ad imporre la loro notevolissima cifra tecnica. L’idea messa in campo per proteggere la porta di Terracciano, infatti, era fondata su attenzione massimale e densità; peccato che la tensione generata dalla classifica ha finito per rendere approssimativi alcuni disimpegni, che traducendosi in due reti subite hanno finito per macchiare una prestazione collettiva sostanzialmente ordinata in fase passiva.Perchè, è giusto sottolinearlo, Lapadula e compagni, abitualmente fucina inesauribile di giocate in grado di produrre spettacolo e reti, ieri, al di là dei due gol regalati da errori individuali dei calciatori granata, non hanno mai dato l’impressione di poter aver vita facile sulla fase difensiva (comprendente anche il lavoro di centrocampisti ed attaccanti) opposta da Bernardini e compagni.Provando ad entrare più dettagliatamente nelle pieghe tattiche della diversità strategica impressa alla gara dal tecnico di Ponsacco, sono diversi gli aspetti da porre sotto la lente d’ingrandimento. Partendo dalla fase difensiva, la quale ha compiuto il salto di qualità soprattutto dal punto di vista della mentalità. La squadra, infatti, sembra aver preso innanzitutto coscienza della sua impossibilità, causa ridotta capacità dinamica e una condizione atletica di base che stenta a stabilizzarsi, ad esercitare ritmi alti e continui in fase di pressing sui portatori di palla avversari. Una sorta di esercizio di umiltà e consapevolezza che ha indotto il tecnico ed il gruppo a pianificare un’oculata gestione del match sul piano del podismo e della resistenza fisica. Pertanto, tentativi di portare pressing alto, soprattutto nei frangenti in cui il Pescara aveva uno sviluppo iniziale di manovra più ferraginoso, hanno lasciato frequentemente spazio ad una più saggia densità da costruire a ridosso della propria area di rigore, con le due linee di difesa e centrocampo strette e compatte.Scelta saggia che ha impedito al Pescara di rendersi pericoloso ed imprevedibile tra le linee, come abitualmente accade, con centrocampisti offensivi e attaccanti che offrono pochi punti di riferimento. Quando i calciatori granata, ingolositi e ringalluzziti da qualche difficoltà creata alla retroguardia biancazzurra, hanno pigiato il piede sull’acceleratore, dimenticando però di preservare i giusti equilibri difensivi alle loro spalle e di attuare le tempestive coperture preventive, sono stati dolori, il Pescara si è reso assai insidioso ed ha rischiato di capitalizzare le sue qualità migliori dalla trequarti in avanti. Inoltre ai più attenti osservatori non sono sicuramente sfuggite le similitudini tra il camaleontico ‘4-3-3′ di ieri (almeno fino al momento in cui Zito non ha commesso l’imperdonabile sciocchezza che gli è costata l’espulsione) e quello visto di frequente all’opera lo scorso anno. Un ‘4-3-3′ che in fase di non possesso diventa un conservativo ‘4-4-1-1′. Ieri infatti, quando a menar le danze era il Pescara, l’esterno alto di destra, Oikonomidis, si abbassava sulla linea mediana, mentre Zito si allargava a sinistra e Donnarumma si posizionava alle spalle di Coda. In sostanza, quello che accadeva spesso lo scorso anno quando si partiva con il terzetto avanzato – composto da Nalini, Negro e Calil – il quale in fase di non possesso modificava le sue funzioni dando vita a due linee di quattro calciatori, con Nalini pronto ad abbassarsi in mediana, Favasuli ad allargarsi a sinistra e Negro a posizionarsi alle spalle di Calil.Consapevolezza del ruolo e delle funzioni da svolgere che si è rivelata autentica manna dal cielo anche per alcune prestazioni individuali. Pestrin ed Odjer su tutti, che hanno smesso panni che non potevano indossare – il primo, quelli di improbabile ed unico custode della trequarti; il ghanese, invece, quelli di incursore di qualità – limitandosi a dare il loro contributo in un contesto di squadra caratterizzato da una più equa e congrua distribuzione di funzioni. Pestrin, giocando di posizione e di gestione, ha fatto emergere la sua visione di gioco (illuminante il lancio che ha attivato Ceccarelli a destra nell’azione del definitivo pareggio) ed evitato soprattutto figure barbine nel vano tentativo di inibire da solo il trquartista rivale. Odjer è ritornato ad essere il soldatino disciplinato da schierare a supporto del play maker, sollecito nello sradicare e portare avanti palloni, ma sgravato dalla responsabilità di essere determinamte anche nella metà campo avversaria.Dal punto di vista offensivo, infine, la nota più lieta è rappresentata dalla contemporanea presenza in campo di Coda e Donnarumma, i quali hanno impedito alla difesa pescarese di avere l’abituale sopravvento sull’unico attaccante centrale, come si è spesso registrato in passato. Le due punte granata hanno dimostrato di poter giocare insieme, ev
itando di pestarsi i piedi, muovendosi tanto, difendendo palla, svariando sulle corsie esterne, attaccando la profondità e facendo sentire la loro presenza nell’area di rigore avversaria. Importante anche il loro movimento, in entrambe le fasi di gioco, finalizzato costantemente a dettare il passaggio ai compagni al fine di favorire le azioni di rimessa della squadra lungo le corsie esterne, con Ceccarelli a destra – davvero bravo l’ex bolognese a tamponare ed a ripartire – e Zito a sinistra, opzione rimasta monca a causa della superficialità dell’ex irpino. Coda e Donnarumma lasciati giustamente in campo anche con la squadra ridotta in inferiorità numerica, per continuare a mantenere in uno stato di allerta il Pescara ed evitare di subire un assedio lungo e continuo. Adesso però, con una classifica che conserva comunque un aspetto truce, è severamente vietato andare oltre una legittima soddisfazione condita di maggiore fiducia in vista dell’immediato futuro. Perchè c’è ancora molto da migliorare – la gara di ieri contro la corazzata Pescara era ‘semplice’ da un punto di vista psicologico – e soprattutto ci sono tanti punti da conquistare attraverso una necessaria continuità di risultati ed un’identità calcistica tutta da sviluppare e consolidare.
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